La nascita della passione di allevare e l’innamoramento con i Golden e i Labrador:
Le strade che portano a volere un cane sono infinite e anche se vi si potrebbe scrivere un libro molto interessante, che ne potrebbe analizzare le motivazioni più profonde, volevo, invece, più semplicemente, capire solamente meglio perché scegliere, invece, una razza specifica di cani e in particolare il Golden e il Labrador Retriever.
Voglio subito chiarire che, pur essendo ormai più di 15 anni che allevo esclusivamente queste due razze, esse non sono state ne il mio primo amore e neppure l’unico.
In verità mi sono capitate, come se fosse inevitabile, probabilmente il destino di un percorso formativo di puro e appassionato “Ricercatore”, per quanto, allora, “quasi inconsapevole”, Etologo del Cane, che con la “maturità” trova quella serenità che gli fa apprezzare la completezza e l’equilibrio, piuttosto che la sfrenatezza e gli eccessi emotivi, più tipici di un momento più focoso della vita che è la gioventù, sospinto dalla curiosità, dalla voglia di conoscere e affascinato dalla “crudezza” che la natura nel suo ciclo evolutivo sa far apparire, anche nella bellezza più sublime, attraverso un misterioso quanto mai enigmatico manifestarsi della perfezione del divenire di cui il nostro essere è totalmente sopraffatto e che probabilmente è anche l’essenza più nascosta della nostra paura d’essere più ancestrale.
L’uomo, tutto sommato, è sempre stato, lo è ancora e molto probabilmente lo rimarrà per sempre, un grande sognatore !!!
La paura, tutt’altro che nemica, è la condizione stessa che rende possibile, anzi che rende necessaria, la dimensione onirica.
Il cercare di capire, in fondo, è un percorso che si prende cura della paura e nel farsela amica, lo spirito, freme nel desiderio di svelarne la verità.
L’obiettivo della conoscenza spesso è sostituito con il desiderio di arrivare ad una sicurezza che annulli tutte le nostre paure.
Ma questa spinta dell’essere può trasformarsi in un cieco desiderio di conquista di certezze scontate e riduce la complessità e la dinamica del reale in una sterile immobilità che è lo spirito diametralmente opposto alla curiosità, e alla spregiudicatezza della forza dell’avventura, animatrice della conoscenza stessa.
Quindi non si deve confondere il desiderio di sicurezza con il desiderio di conoscenza e soprattutto la sicurezza non deve oscurare la dialettica che anima ogni tipo di verità.
Bisogna saper giocare con la dialettica e renderla possibile senza perderne il controllo.
Bisogna essere Capitani e saper cogliere il vento e seguirlo, controllandone il misterioso potere, mai opponendovisi, ma sempre attenti alla “percezione” della sua direzione e alla sua forza.
Allevare è un mestiere singolare quando ciò che allevi non è un prodotto finalizzato alla mera produzione di reddito, magari anche estremamente qualitativa e ottenuta con altissima professionalità e competenza, ma piuttosto è più simile alla creazione di un essere con cui nasce un rapporto simbiotico,“figliare”, nel senso più artistico che naturale del termine, per quanto di naturale ha tutto il suo essere.
Per questo l’operare dell’ Allevatore ha molto a che fare con l’arte e allo stesso tempo con la scienza e la sua finalità è il raggiungimento della perfezione della Verità, con l’alfa privativo (Aletheia), ovvero un’opera, per necessità, incompiuta e in tensione verso una continua trasformazione che diventa il perpetuarsi della disperazione dell’Artista, che c’è in ogni vero Allevatore, nella ricerca della costante universale.
L’Allevatore è una specie di Archeologo che è condannato a poter vedere solamente il futuro pur conoscendo che nella Storia è conservato il fondamento della propria Arte.
Nell’attimo “fuggente” della sua realizzazione l’opera sfugge di mano, diventa subito passato, e il fare dell’Allevatore è di nuovo a navigare nelle acque burrascose di un futuro imprevedibile e pericoloso, metafora della sua stessa condizione esistenziale.